Essendo il digitale annoverato nell’ambito delle tecnologie, anche per esso valgono le stesse speculazioni concettuali che si attuano per qualsiasi strumento o tecnica. Uno di questi apparati filosofici ci racconta che una tecnologia muta la sua natura, ovvero il suo fine, ad un mutare significativo di aspetti quantitativi – nel caso del digitale riferiti alla potenza di calcolo -.
Il mezzo travalica il fine per cui è nato e la tecnologia stessa trasmuta da strumento e diventa ambiente.
La sostanziale evoluzione degli strumenti digitali che hanno accompagnato le pratiche del design e dell’architettura si riversa oggi in due ambiti fondamentali, uno riguardante l’aspetto progettuale e l’altro che concerne le possibilità realizzative.
Lo fa per altro, attuando un riavvicinamento di questi due scenari che ne fa già ora confondere i margini d’azione e che, probabilmente, produrrà in futuro la nascita di una figura professionale ibrida e per alcuni aspetti già conosciuta dalla storia manifatturiera Italiana.
Una figura che chiamo artigianale nella sua capacità di essere sintesi tra gli aspetti legati alle interazioni tra materia-design-funzione-estetica-informazione attraverso un lavoro teso alla sostenibilità del nostro abitare e reso possibile dall’utilizzo critico delle nuove tecnologie digitali.
Tutta la miglior manifattura che produciamo e che il mondo conosce con il brand Made in Italy vive di questa sintesi. Il digitale ha in qualche modo reso possibile questa nuova visione olistica della produzione riportando alla luce modalità e approcci tipici della bottega rinascimentale Italiana. In tutto ciò la nostra manifattura non solo non vede alterato il suo patrimonio genetico ma anzi lo vede implementato di uno strumento che ne amplifica le potenzialità congenite.
Medaarch è una società e uno studio di progettazione e consulenza nato nel 2007 a Cava de’ Tirreni, una piccola città a pochi passi dalla costa d’Amalfi. Lavoriamo con l’innovazione per creare un impatto positivo per le citta, l’architettura e il design. Il nostro è un atelier di progettazione che usa il digitale e le nuove tecnologie come strumenti, che al pari di altri in differenti periodi storici, ci consentono oggi di migliorare la qualità dei progetti che realizziamo.
Non mettiamo la tecnologia al centro del nostro lavoro ma cerchiamo di utilizzarla avendo sempre come misura l’uomo e l’equilibrio delle sue azioni e scelte nei confronti dell’ambiente in cui vive.
Molti sono gli esempi di città che stanno sempre più trasformando la loro struttura fisica, economica, sociale, formale, spinte dalle necessità di ripensare da profondo il modo in cui vivere e abitare questo pianeta anche alla luce dei risultati che proprio questa modalità ha prodotto. Con la nascita della prima rivoluzione industriale e l’avvento delle successive, nasce contemporaneamente e si rinforza l’idea di una città organizzata per funzioni: una parte destinata alle attività produttive, una destinata al tempo libero, una destinata alle abitazioni e cosi via fino ad immaginare poi sistemi di infrastrutture che collegano tutto.
Le nuove tecnologie digitali stanno cambiando le regole del gioco di tutto ciò che conosciamo. Se prima non ne eravamo ancora convinti guardiamo ad esempio cosa è accaduto con lo smart working nel periodo pandemico che sitiamo vivendo. Da un giorno all’altro milioni di persone hanno smesso di utilizzare mezzi di trasporto pubblici e privati per recarsi a lavoro. Un impatto enorme dal punto di vista di architetti e designer che lavorano sul futuro delle nostre città.
Ma se volessimo andare oltre il tema del lavoro ci accorgeremmo che altri paradigmi stanno nascendo. I comparti di produzione e di distribuzione di beni e servizi che ancora oggi producono una impronta ambientale altissima si stanno evolvendo sperimentando sistemi di manifattura distribuita su diverse scale. Questo nuovo paradigma è permesso in estrema sintesi dall’ingresso del digitale nei processi di produzione. Infatti la digital fabrication in teoria abilita chiunque a produrre qualsiasi cosa in qualunque parte del mondo.
Su tali premesse e con i dovuti accorgimenti i paesi più sensibili ai temi della sostenibilità stanno già sperimentando un tipo di produzione su scala differente: a partire da quella domestica con l’utilizzo della stampa 3d, passando per quella di quartiere con i fablab ed ancora attraverso le smart industries su scala metropolitana fino ad arrivare a sistemi di supply chain su scala internazionale.
La città cambia in tutti i suoi aspetti grazie alla rivoluzione che il digitale è capace di creare se utilizzato in maniera critica. Medaarch cerca di utilizzare questo spirito critico, mediterraneo, nei confronti delle nuove tecnologie nei progetti che realizza.
Per il lungomare di Cattolica ad esempio abbiamo cercato di mediare l’utilizzo delle nuove tecnologie che pur persistendo attraverso l’adozione di sistemi di monitoraggio ambientale e utilizzo di fonti energetiche alternative si integrano ad altre visioni. L’istinto di connettere tutto nell’idea di rendere tutti più smart ed efficienti è stato mitigato da una tensione progettuale che mira alla ri-naturalizzazione dell’intera area.
Ne è venuto fuori, secondo noi, un progetto che dal mare si spinge verso la città antropizzata cercando di instaurare ogni volta, per ogni singolo evento architettonico una negoziazione. Una relazione che si risolve in morfologie, materiali e tecnologie che cercano nuovi possibili paradigmi sostenibili per il futuro della città.
Di differente impronta è il lavoro fatto per le installazioni luminose su via del corso a Roma. L’idea che ci ha guidato qui è stata quella di tracciare un esempio di come un’installazione con una grande vocazione artistica e fortemente evocativa potesse confrontarsi con il tema della sostenibilità energetica.
Ne è nata una narrazione fatta di luce e immagini che per un kilometro e mezzo di una delle strade più famose della capitale ha acceso l’immaginazione lo stupore dei cittadini e dei turisti di Roma.
L’installazione, realizzata nel 2020 con più di 190 kilometri di fibra ottica, schermi led e una app per l’interazione con il pubblico conformava un velo di luce che faceva da quinta alla proiezione di clip video ripescate dalla grande filmografia internazionale dove la città di Roma è stata protagonista.